Roma – AA. VV. – Odradek – 2001
(“libro aperto” a favore di Emergency con contributi di autori vari -scrittori, fotografi, pittori, disegnatori, bambini- contiene 28 poesie di Sante Notarnicola)


Di birra e di guerra
di Fabio Bonifaci


22 Novembre


Ho quasi una settimana di ritardo. Non mi decido a scrivere questa cosa per il Mutenye e so bene la ragione: mi vergogno.
Io scrivo sceneggiature, che è comodo perché se il film viene bello dici “l’ho scritto io”, se viene brutto “è il regista che l’ha girato male”.
Normale, facciamo tutti così. Quando invece c’è da mettere una mia firma definitiva, mi agito, e rimando.
Poi oggi mi chiama un’amica: è lei che mi ha registrato la compilation con quella canzone dei Tuxedo Moon. Siccome ce l’ho in testa perché penso a “11 Settembre”, le chiedo come si chiama il CD, così me lo compro. Lei va a vedere il titolo, e capisco anch’io: “Holy Wars”. Guerre Sante. È dell’87.
Allora mi decido, e scrivo questo strano diario di birre e di guerra. Se non vi piace, è Sante che l’ha stampato male.

da Mutenye, Un luogo dello spirito – Roma – AA. VV. – Odradek – 2001 – pag. 22



L’impero mantiene un vivaio di corvi e serpi da usare prima come sicari e trasformare poi nei nuovi nemici pubblici, grazie ai quali si potranno compiere interventi nelle zone del pianeta geostrategicamente importanti. Ma c’è un altro aspetto del sistema – che non risulta neppure macchinoso bensì di una semplicità annichilente, dato che continua a funzionare malgrado ripeta sempre lo stesso schema – di cui ci si occupa di meno, mentre costituisce probabilmente lo scopo principale della trama: sfruttare la guerra a fini interni prima ancora che esterni.
Coprendosi dietro la foglia di fico di un patriottismo d’accatto, i governi dominatori varano leggi liberticide che sfruttano un fantomatico nemico esterno per premunirsi contro l’eventuale insorgere di avversari interni. Gli immigrati perdono qualsiasi garanzia e divengono il bersaglio indifeso per eccellenza, il pretesto del terrorismo permette sempre più di “scremare” la mano d’opera schiavizzata tenendosi i docili e cacciando i recalcitranti: basterà chiedere il rispetto dei propri diritti sul luogo di lavoro, per essere tacciati di sovversione e ributtati al di là della frontiera, lasciando il posto a qualcuno più disperato e meno dignitoso, qualcuno disposto a chinare il capo e tacere. Le stesse leggi, poi, serviranno anche allo scopo di silenziare e imbavagliare gli oppositori che vanno aumentando di numero e capacità d’inventiva: mentre milioni di esseri umani nati e cresciuti nella fettina privilegiata del pianeta cominciano a mobilitarsi per affermare a gran voce che questo sistema economico sta conducendo l’umanità al disastro, i dominatori si dotano di strumenti per colpire massicciamente anche loro, gli “ingrati” che non si accontentano di consumare e ingrassare ma osano mettere in discussione l’impero dei sensi appagati… I bombardieri continuano a massacrare i civili, ma anche quando saranno rientrati alla base – in attesa della prossima missione, purtroppo – non rientreranno invece le leggi della barbarie e dell’inciviltà che permettono di colpire i più deboli e gli oppositori, cioè chiunque abbia una coscienza e abbastanza sensibilità da non poter tacere, nella totale indifferenza degli ignavi di sempre e con il beneplacito dei cialtroni che solo ieri hanno scoperto “quanto soffrono le donne afgane” dopo averle ignorate vilmente per decenni, e oggi inveiscono con la bava alla bocca contro i “disfattisti” che osano mettere in dubbio il fatto che “Dio lo vuole”, Gott mitt uns, “il Dio Mercato è con noi”…

da Mutenye, Un luogo dello spirito – Roma – AA. VV. – Odradek – 2001 – pag. 43-44



Forse non è stata solo una coincidenza se la strada di un uomo con un passato di ferro ha incrociato quella di un uomo con una passione per il legno. Decenni segnati da un freddo contatto con il ferro e il vetro hanno lasciato tracce che non si vedono ma che la vita, l’amicizia e forse il profondo calore del legno riescono a rendere meno tangibili.
Forse per noi la forza naturale emanata dalle venature di una trave appena piallata ha più importanza di quella che riusciamo a comprendere, e magari non è solo l’animo di un combattente come Sante Notarnicola a volersi segretamente avvicinare al morbido contatto con la natura, e non sono solo le mani di un maestro artigiano come Cosimo Minonne ad allungarsi inavvertitamente sino a sfiorare la delicata superficie di un legno ben levigato.
Il nostro amore per il legno scaturisce da un irrefrenabile istinto primordiale. I misteri degli alberi ci hanno affascinati ancor prima che imparassimo a usare e ad abusare degli altri materiali che la terra ci ha donato. Ci siamo riparati sotto i rami degli alberi, ne abbiamo rosicchiato la corteccia con i denti e abbiamo acceso fuochi quando l’oro non era che uno strano bagliore nel terreno e il vetro null’altro che un sogno lontano da venire. Se davvero abbiamo un animo di ferro, cosa di cui spesso dubito, allora batte in noi sicuramente un cuore di legno, e le due cose insieme creano il senso di magia che si cela dietro alla parola Mutenye.

da Mutenye, Un luogo dello spirito – Roma – AA. VV. – Odradek – 2001 – pag. 111