Un’altra icona ribelle e rivoluzionaria della generazione carceraria degli anni’ 70″.

Ieri l’amico Mario Setta, in occasione della giornata della poesia, ne pubblicava una su Horst Fantazzini, il bandito gentiluomo, evaso dal carcere di Sulmona e rifugiatosi nella chiesa di cui Mario era sacerdote…
Oggi apprendo la notizia della morte di Sante Notarnicola, un’altra icona ribelle e rivoluzionaria della generazione carceraria degli anni ’70.
Sante l’avevo conosciuto a Lecce, nel 1974 o 1975 (non ricordo) in occasione di una manifestazione studentesca presso il tribunale di Lecce, in solidarietà  al processo contro lo stesso Sante e altri imputati per aver protestato qualche anno prima contro le condizioni disumane in vigore nel carcere salentino.
Poi le nostre strade si erano incrociate in Pratello, a Bologna, presso l’Osteria Mutenye.
E da allora non si erano mai idealmente separate…
Che la terra ti sia lieve, compagno Sante!

da Vito Paticchia

“Ti conobbi nel 1995 al Patchanka, quando avevo vissuto meno della metà della mia vita attuale, ed è davvero un pezzo della nostra vita che se ne va con te”.

FUNERALI

Caro Sante,
A pensarci bene, l’omaggio resoti ieri, mi ha reso triste per tre motivi : innanzitutto, perché non sei più con noi, e non ci sarà una prossima birra. Poi, perché a vedere  compagni che conosco da almeno trent’anni, mi viene in mente che ti conobbi nel 1995 al Patchanka, quando avevo vissuto meno della metà della mia vita attuale, ed è davvero un pezzo della nostra vita che se ne va con te. Infine, perché ci vediamo, ricordiamo tutta la nostra storia di questi anni, e ci viene nostalgia. E scatta l’orgoglio. Tanto che tra tutti noi, per un momento, si diffonde il pensiero: eppure siamo in tanti. Se facessimo, se potessimo… Ma dopo un secondo ci guardiamo in faccia. E ci rendiamo conto che nemmeno il tuo ricordo ci evita saluti forzati, o, addirittura, in certi casi, di ignorarci reciprocamente. E allora vedi che a un funerale si sommano lutti mai elaborati. Lo so, Sante. Già mi risuona nelle orecchie la tua risposta:  i compagni debbono unirsi e lottare. Hai ragione, Sante. Magari è la tristezza per la tua perdita. Ci proverò, ci proveremo. Ma è molto difficile.
Ciao, Sante.

Da Vincenzo Scalia

“Ogni singola riga di quello che ha scritto vale da sola più di quanto potrete trovare oggi saccheggiando cento librerie”.

“Ha rapinato banche, rivoltato prigioni, organizzato proletari per assaltare il cielo. Ha anche preso la penna in mano. E ogni singola riga di quello che ha scritto vale da sola più di quanto potrete trovare oggi saccheggiando cento librerie. Questa è la realtà. Chiamatelo bandito – ne sarebbe orgoglioso, chiamatelo terrorista, chiamatelo rapinatore. Ma il nome di Sante Notarnicola troneggia sulle pagine dell’unico, vero libro a cui vale la pena di votare la propria esistenza. Quel libro scritto dai molti, e per l’immortalità dei loro sogni eternamente incompiuto, che mai farà distinzione tra vita e poesia.”

Cristiano Armati
www.redstarpress.it

“Sante Notarnicola, oste del Pratello, che mi ha consegnato la sua vita avventurosa e ribelle, tanta poesia e boccali di birra sui tavoli delle memorie…”

.. in queste ore sembra che la fila più lunga sia quella di amici che se ne vanno… gli ultimi due, di ieri e di oggi, mi hanno donato tanto, sono Franco Travaglini, uno dei fondatori bolognesi di Lotta Continua, che mi ha aiutato a crescere politicamente e che in un destino incrociato ha frequentato Ronzano negli anni ’90 con la Fondazione Alex Langer… e poi Sante Notarnicola, oste del Pratello, che mi ha consegnato la sua vita avventurosa e ribelle, tanta poesia e boccali di birra sui tavoli delle memorie… c’è uno sgretolarsi delle mie radici in questi tempi di fame d’aria nuova… e ci sono sorti amare che impediscono prima di volare via di abbracciarci e ancora raccontarci, come fossero proibiti l’amore e l’amicizia… ho un grido in gola che non esce… dice che vuole rallentarmi la corsa per recuperare più umanità e farmi guardare più cielo e cominciare a sentire il senso dell’eterno in ogni passo rimasto .. ci sono semi da salvare e far fiorire… ma “è sempre il primo giorno del tempo che ci resta”..
.. Ciao Franco, ciao Sante ..! .. belli ciao ! .. 
…”Continuiamo a volerci bene”

da Benito Fusco

“Se sono quel che sono è anche Grazie a Te e nel salutarTi ed abbracciarti da lontano”.

Ciao Sante, 
Ti conosco da tanto – lo sai – fin dai tempi del Liceo, 50 anni fa, quando a Maglie (LECCE), di fronte alla mia scuola, diffondeva “Mo che il tempo s’avvicina” in cui si parlava del pestaggio dei detenuti da parte delle guardie di custodia del carcere di Lecce e della vostra RISPOSTA, con la lotta contro la ,”CAMPANA”. Mi hai formato con “L’Evasione impossibile” e, poi, con i tuoi versi, forti e taglienti, più che proiettili, spinti da una forza impetuosa e CHE, come quelli di AGRIPPINO, rimbalzavano ben oltre le sbarre della prigione e ritornavano più carichi e dolci che MAI.
Di TE, ogni mese, sul finir degli anni 70, mi parlava spesso SEVERINA, di come stavi, dei suoi viaggi per incontrarTi, vederTi, delle LOTTE che assieme ad altr* COMPAGN*, portavate avanti, con determinazione, coraggio… DIGNITÀ.
Hai girato l’ITALIA più volte, per anni e, noi compagn* fuori, a fare del nostro meglio.
Poi la CESURA, la DISSOCIAZIONE, il PENTIMENTO ma Tu, ancora una volta, a rappresentare una pietra miliare, un punto di riferimento da cui non si poteva glissare e con cui si doveva e poteva fare i conti: FARO luminoso per tanti.
Poi, finalmente, fuori dalla prigione.
E anche qui non sei MAI venuto meno al Tuo impegno rivoluzionario. 
Hai seminato, cresciuto, educato. 
E ti sei circondato di nuov* compagn*. 
Di Delia, Donato, Alessandra e tant* altr* ancora. 
Voglio ringraziarTi per quanto mi hai dato. 
Se sono quel che sono è anche Grazie a Te e nel salutarTi ed abbracciarti da lontano, voglio farlo anche nei confronti dei QUATTRO di mia conoscenza e che ho già ricordato più in alto e che MOLTO TI SONO STATI VICINI, APPREZZATO… AMATO.
GRAZIE COMPAGNO SANTE,
Anche nel Tuo NOME, 
la LOTTA CONTINUA E… CONTINUERÀ.

da Pati Luceri

“Mi hai trasmesso dolcezza e serenità, sensazioni che ricorderò per sempre, nonostante la tua vita sia stata un concentrato di dolore e rabbia”.

Ti ho conosciuto personalmente due anni fa, in Salento, quando insieme ad altr* compagn* ti eri attivato per portare solidarietà e supporto ai No TAP. Prima di allora le storie, i racconti, il 25 aprile al Pratello. Mi hai trasmesso dolcezza e serenità, sensazioni che ricorderò per sempre, nonostante la tua vita sia stata un concentrato di dolore e rabbia. Mi sarebbe piaciuto avere il tempo per parlare delle emozioni e delle ragioni che hanno guidato le tue scelte, giuste o sbagliate che siano. Per provare a capire che cos’è l’ingiustizia e come l’amore e l’odio ci rendano, ogni giorno, vittime e colpevoli, capaci del perdono ma anche della più terribile vendetta. Forse tu adesso ci capirai finalmente qualcosa. Noi speriamo di arrivarci prima o poi. 
Per il momento, buon viaggio Sante!
Con affetto, 
Vito

da Vito Giannini

“Fu parte a modo suo di una generazione operaia ribelle, quella della ripresa delle lotte degli anni ’60, per me il vero e originale sessantotto italiano”.

Omaggio a Sante, bandito del suo tempo
“bisogna essere onesti per fare i fuorilegge” Bob Dylan
La Banda Cavallero accolse nel 1967 la sentenza di condanna all’ergastolo cantando Figli dell’officina, un canto anarchico come la scelta che li aveva portati a diventare rapinatori di banche. Erano operai comunisti che non condividevano la via democratica al socialismo che accumunava il Pci di Togliatti e il Psi di Nenni. Il movimento operaio italiano aveva scelto durante la Resistenza di non “fare come in Russia” e di scrivere una Costituzione che il capo del Pci definiva “la più grande conquista della classe operaia italiana”. Notarnicola, emigrato dal sud ragazzino, fu militante della Fgci e del Pci. Frequentò vecchi partigiani) in realtà non erano molto anziani allora), fu parte di un sentimento diffuso per la mancata rivoluzione dopo la Resistenza. Soprattutto era diffusa la rabbia per una società in cui negli anni ’50 era tornato lo strapotere padronale e i fascisti si erano riciclati. Era uno dei giovani che riempirono le piazze e sconfissero Tambroni e i fascisti nel luglio 1960. Nel 1962 è uno dei giovani operai che partecipano alla rivolta di Piazza Statuto a Torino https://www.youtube.com/watch?v=6-vQSIYwycE
Appartiene a quel pezzo di generazione che alla fine si ribella anche al Pci. I più intellettuali fonderanno riviste. Lui e i suoi compagni una banda che farà rapine che pensavano fossero espropri da destinare alle rivoluzioni del Terzo Mondo. Divennero famosi negli anni 60. Un regista comunista come Carlo Lizzani gli dedicò il film “Banditi a Milano”. Lo storico marxista Eric Hobsbawm dedico ai banditi un suo libro, ricostruendo come nelle società rurali il banditismo sociale sia stato una forma di ribellione, un simbolo di protesta, un segnalatore di contraddizioni irrisolte, di qui la popolarità di Robin Hood come archetipo del giustiziere e del vendicatore. Poi col movimento operaio e il socialismo/comunismo moderni è venuto il tempo dell’azione rivoluzionaria, politica, sindacale di classe, di massa. La realtà però è meno lineare degli schemi teorici o storiografici. Sante Notarnicola e i suoi compagni divennero banditi nel pieno del boom e quando l’Italia diventava compiutamente un paese industriale. Furono banditi del loro tempo esprimendo nelle loro forme quella rabbia e insoddisfazione che animava gli scioperi a gatto selvaggio, gli scontri di piazza e anche la solidarietà con i popoli oppressi dall’imperialismo. 
In galera per anni Sante Notarnicola ha partecipato a tutte le lotte a partire dal movimento “i dannati della terra” promosso da Lotta Continua e poi con i detenuti provenienti dal lottarmatismo. Divenne poeta apprezzato da Primo Levi. Quando uscì di galera aprì un’osteria a Bologna. Se n’è andato a 83 anni.
Consiglio di visitare il suo sito alla scoperta della sua storia e delle sue poesie: https://santenotarnicola.it/
Fu parte a modo suo di una generazione operaia ribelle, quella della ripresa delle lotte degli anni ’60, per me il vero e originale sessantotto italiano. Riascoltiamo la sua voce https://youtu.be/hlM5j9M3MyU da un disco di Assalti Frontali.
Una delle canzoni a me più care dei Gang si intitola Bandito senza tempo https://www.youtube.com/watch?v=Q9-vOhWQm4o
Non mitizzo la sua storia ma merita massimo rispetto.

da Maurizio Acerbo

“Tutto quello che hai fatto e scritto, tutto quello per cui hai combattuto e sofferto, tutto ciò che hai raggiunto e perso, mi è caro”.

Adesso che la tua morte cristallizza tutto, mi sembra così poco il tempo che abbiamo passato assieme rispetto a quello che ancora desidero passare con te, così incommensurabilmente vasto.
Ed è così dolorosamente vero questo nostro tempo assieme che si chiude nel passato, che faccio fatica a consolarmi pensando alla fortuna che ho avuto nel conoscerti; sarebbe bastato così poco – che anziché a Bologna fossi andata altrove, che anziché il Mutenye avessi frequentato un altro pub – per non conoscerti affatto.
Della tua assenza adesso ne è vuoto il mondo nella misura in cui la tua presenza lo colmava: le ore trascorse con te erano cariche di questa pienezza, anche quando ci si guardava soltanto e si taceva.
La tua presenza forte, intensa.
Il tuo essere così attento, accorto, gentile.
Premuroso sempre, come attitudine esistenziale.
Ecco, è questa tua postura etica, mai venuta meno, mai, e così rara da trovare, ciò che rendeva la tua presenza sempre carica di significato. E la tua intelligenza acuta e attenta, che ti portava a sorvolare piuttosto che a colpire ma che sapeva anche diventare sottile come un chiodo quando era necessario parlare per puntellare.
Ma sopra ogni cosa, ciò che di te ho amato è stata la tua giovinezza: il tuo essere rimasto – assieme all’adulto pensoso e assorto, e negli ultimi anni anche un po’ stanco, forse deluso da questo presente troppo lontano dalle mete dei tuoi vent’anni – anche, sempre, un ragazzino. Tutto quello che hai fatto e scritto, tutto quello per cui hai combattuto e sofferto, tutto ciò che hai raggiunto e perso, mi è caro ma a me mancherà soprattutto il ragazzino Sante: l’occhio scrutatore, spesso ironico, l’entusiasmo improvviso per qualche piccola cosa, il tuo gustare goloso un gelato, il tuo sorriso da cui talvolta trapelava un’adorabile malizia, il tuo chiudere un discorso con una battuta inattesa, quel sopracciglio tuo che si inarca a sottolineare una frase, un silenzio o a sollecitare un’intesa,  il tuo piccolo corpo aggraziato e rapido, anche ora che camminavi più lento.
Adesso che non potremo più correre da te “a consolarti, a consolarci”; adesso che bisognerà accettare e abituarsi alla tua assenza, a me e a chi ti ha conosciuto e amato, lasci tanto, il dono di un’eredità immensa: l’esempio di una vita a cui mai sono mancati la forza, il coraggio, la tenacia di scegliere, di difendere quelle scelte e di pagarne il prezzo con fierezza; ci lasci il ricordo di un’esistenza vissuta con un impegno etico senza enfasi, semplice e serio, naturale come il respirare; ci lasci l’esempio del tuo cuore grande, sempre pronto ad andare incontro a chi ne avesse bisogno, con una sollecitudine ferma, inossidabile ma discreta; ci lasci la certezza che le cose vanno fatte assieme perché l’agire davvero significativo è quello comune e la testimonianza vera e piena di cosa significhi essere compagni; ci lasci il ricordo della tua voce, bella e roca, che racconta i mille aneddoti dei tuoi anni reclusi e del sorriso con cui accoglievi i tanti giovani che  ti riconoscevano, ti salutavano e ti chiamavano poeta; ci lasci ricordi pieni di dolcezza, di affetto, e a me in particolare, di immensa tenerezza.
Ora vorrei tendere le braccia e tenerti stretto un’ultima volta, poterti dare un ultimo abbraccio, il più lungo. Tenerti stretto un’ultima volta vorrei e non lasciarti.
Ciao Sante,
mio amico per sempre.
Tua Marilina

da parte di Marilina

“E non ci sei più. Ma ci sei stato e sempre ci sarai”.

Ciao, Sante
ma ti ricordi quando…

“con * compagn* del Savena abbiamo presentato il tuo libro «L’evasione impossibile» e il quartiere aveva detto che non ci dava la sala e allora abbiamo fatto un collettivo per chiedere lo spazio autofinanziato…?”

“E quando venivo al Mutenye al pomeriggio a studiare che a casa non potevo e poi mi chiedevi chi ero e bevevi Augustiner piccola e io finivo con il Jameson…?”

“E quando andavamo a mangiare fuori con G. e T. perché a Bologna veniva Prospero e «lo dovete conoscere», andiamo a pranzo Insieme…?”

“E da Dodi a parlare a locale chiuso del perché e percome le scelte fatte allora sono state fatte e noi eravamo pieni di domande e futuro ancora da camminare…?”

“E che tifavi Juve e in sala dietro al locale c’era il volume alto e io “ma dIocane Sante ancora con la Juve? Ma che lotta di classe hai fatto, ridendo?! E tu “abbello? La Juve era operaismo ma che cazzo ne sai tu..?”

“E le piazze, i volantini, le letture, le poesie, gli scazzi, Stalin, Trotsky, Autop e l’anarchia, i csoa e le tute bianche…?”

“E al ritorno da Genova, i silenzi e tu che sapevi già, e io avevo perso l’innocenza che tu non l’avevi più da decenni, ma sei stato paterno…?”

“E tutto il dopo, le parole non dette, lo stacco e i rincontri…?”

E non ci sei più. Ma ci sei stato e sempre ci sarai.

da Giuseppe Lo

“In quel di Castellaneta nacquero due uomini famosi… Rodolfo Valentino e Sante Notarnicola. Uno fece le sue fortune restando in silenzio, l’altro 
non lo fece mai. Al primo hanno fatto una statua, all’altro niente”.

Sante Notarnicola…. è già primavera.

Tanto lasciasti, o forse no!!!
Il tuo mare, il caldo seno del golfo,
l’abbraccio di una terra depredata,
Il profumo del Mediterraneo, gli ulivi.
Tanto trovasti, o forse no!!!
Le alte montagne, il freddo del nord,
l’abbraccio di una terra produttiva,
il profumo della Resistenza, la classe.
Lasciasti la dura terra,
le arcaiche profezie, le eterne incognite,
parole di pietra dure come l’acciaio,
visi scavati da fame e rassegnazione.
Trovasti un’altra terra, forse travestita,
altre incognite, altre certezze, altri accenti,
altra fame, altre volontà.
Sollevasti la crosta dagli occhi.
Un sollievo mormorò ai ricordi.
La vita ti fu feconda,
nell’amore trovasti gli altri:
ultimi, derisi, combattenti.
Stringesti tutti.
E in quell’abbraccio infinito vi ritrovammo
Compagni, stretti nel cuore nostro dimorate…
…li terremo Sante,
come un bimbo che ha bisogno di esser cullato,
come un uomo che vuol esser amato,
come un canuto guerriero che ha bisogno di riposo.
La pioggia ora ci fa compagnia,
due gocce di rugiada scivolano sul nostro capo,
grossi nuvoloni al di la delle montagne ci conducono.
Grandi ali….
Il condor è libero…

una nota lieta…
in quel di Castellaneta nacquero due uomini famosi..
Rodolfo Valentino e Sante Notarnicola.
Uno fece le sue fortune restando in silenzio, l’altro 
non lo fece mai.
Al primo hanno fatto una statua, all’altro niente.

da Giuseppe Fonzino

“Un esempio di coerenza e integrità che non va a discapito della tenerezza, quel modo un po’ timido che lasciava trasparire un grande cuore sono doti fondamentali per chi si batte per un’umanità migliore”.

Ho conosciuto Sante nei primi anni 90, ero studente lavHo conosciuto Sante nei primi anni 90, ero studente lavoratore da poco arrivato a Bologna. La mia casa, condivisa con altri 8, era anche la succursale dell’organizzazione in cui allora militavo, il Circolo Universitario di Rifondazione Comunista. Eravamo conosciuti anche come “Il Soviet di via San Donato”. Un luogo in cui si discuteva, fra noi ma anche molto oltre: eravamo assetati di conoscenza utile a cambiare il mondo, perciò da casa nostra transitavano spesso compagni più grandi dei nostri venti anni, con i quali confrontarci. Inoltre, il Soviet ha ospitato compagni di vari movimenti di Liberazione del centro e sud America. Con Donato Cardigliano, Alessandra Cecchi, Mauro Collina  e altri avevamo messo in piedi il comitato Internazionalista Che Guevara, che sosteneva diversi progetti con organizzazioni rivoluzionarie del centro America, dove mi recai più volte per stringere rapporti diretti. In questo susseguirsi di eventi, iniziative, dibattiti e vita appassionata, nasce in noi del Soviet, la necessità di aprire un dibattito sul tema della memoria storica. Prima tra noi di casa, per poi riportarlo dentro alla nostra organizzazione. È lì che Sante Notarnicola diventa un riferimento costante. Noi avevamo sete di capire come poter essere rivoluzionari in una fase storica in cui il vento tirava a sfavore, e in questa ricerca ci era chiaro che non potevamo non guardare al ciclo di lotte degli anni 70, non per riprodurre modelli,  ma per resistere alla sistematica distruzione di memoria operata dal potere in modo funzionale al mantenimento dello status quo. Per questo confronto Sante non poteva essere riferimento migliore. Oltre al fatto che sapeva comunicare con dei pischelli anche un po’ arroganti come noi, la sua caratteristica era di essere nel contempo uno che si è schierato fino in fondo nella lotta di classe dei “dannati della terra” senza per questo aver traccia di quel settarismo, quell’identitarismo di bandiera, che caratterizzava (e tutt’ora) molti compagni. Quindi parlare con lui voleva dire respiro largo e visione ampia, sia quando riferiva aneddoti particolari, le lotte dentro e contro il carcere, che quando ci spingevamo in analisi come il tema dei rapporti tra i movimenti e il partito comunista, per esempio. Cioè non so se riesco a spiegare cosa intendo: per me parlare con lui era parlare con un comunista rivoluzionario, senza tutti quei filtri che rendono a volte complicati i rapporti tra compagni, perché l’ etichetta a volte prevale sul contenuto. Trasmetteva partecipazione empatica alla Nostra storia, ti diceva la sua esperienza, senza mezzi termini, ma in un modo che non aveva un grammo di certi modi di fare che cercano di piantare la bandierina sia sul passato che sul presente. E questo ha contribuito al fatto che la ricostruzione della memoria per noi del Soviet, diventasse cosa “viva”, destinata cioè a produrre effetti concreti. In rottura col gruppo dirigente del PRC, di Bologna, che identifichiamo ormai chiaramente come i continuatori delle politiche riformiste del PCI, ci facciamo co promotori con le realtà di movimento di una manifestazione in ricordo di Francesco Lo Russo (mi pare fosse il 91?).Cariche, botte da orbi, fughe con le manette ai polsi, sono storia nota. Per me è stata anche la rottura definitiva con quel partito. Il tema della memoria di classe, con il contributo fondamentale di Sante, ha aperto in quei miei 20 anni una ricerca permanente, che nel tempo ha preso forme diverse, ma senza mai modificarne l’ essenza. Un esempio di coerenza e integrità che non va a discapito della tenerezza, quel modo un po’ timido che lasciava trasparire un grande cuore sono doti fondamentali per chi si batte per un’umanità migliore e in qualche modo forse un regalo che Sante lascia a tutti i rivoluzionari.

da Davide Milazzo


“Quello con Sante Notarnicola è stato l’incontro – inizio della vita che è  venuta dopo e che ha fatto di me la persona che sono. Eterna riconoscenza e amore”.

Correva l’anno 1972, non mi ero ancora del tutto ripreso dalle botte conseguenti la rivolta di Poggioreale ed avevo letto tutti i fumetti (leggevo solo quelli) in circolazione. Attraverso le sbarre mi perdevo a “castelliare” nelle acque azzurre di Procida, quando arrivò Sante con il suo carico di libri. Dopo le presentazioni, intimorito da tutti quei volumi, senza neanche crederci troppo, mi azzardai a chiedergli qualcosa di leggero da leggere.
Leggero?…
Sorridendo mi offrì  un alternativa tra due titoli: “Stella rossa sulla cina” e “Autobiografia di Malcom x”.
Nel giro di pochi giorni li divorai entrambi.
Ne seguirono molti altri e, con i libri vennero le discussioni ritmate dall’ “avanti-indietro” del consumare le ore.
Formammo una “quartiglianza” con un compagno sardo che svolgeva mansione di “scrivano” e conservava come una reliquia tra fogli di carta velina  una “domandina” con la firma di Antonio Gramsci ed un proletario romano che era stato staffetta gappista.
Avevo vent’anni ed ero l’unico tra noi con prospettive di libertà.
Quei mesi cambiarono la mia visione del mondo e dei rapporti umani possibili.
Quello con Sante Notarnicola è stato l’incontro – inizio della vita che è  venuta dopo e che ha fatto di me la persona che sono. Eterna riconoscenza e amore.

da Lear Cutillo

“Sante non è una parte della nostra storia, ma È la nostra storia, la rappresenta tutta, con le sue lotte, le sue sofferenze nel ventre della bestia in cui è rimasto una vita, con ciò che è riuscito a trasmetterci”.

Conobbi Sante casualmente: allora lavoravo con mio padre e le sorelle in un’attività di produzioni video e non c’erano ancora le e-mail, per cui il materiale grafico e i testi viaggiavano per lo più con i pony express. E Sante questo faceva. Me lo ritrovai davanti per la consegna di un pacco e da allora è nata un’amicizia. Ma quella con Sante era amicizia nel suo senso più profondo. Ed è per questo che è con lui e con Sandra Degiuli abbiamo realizzato un video di poesie dalla sua raccolta “La Nostalgia e la Memoria”, alla quale hanno partecipato anche Francesco Lo Bianco: un compagno brigatista sepolto negli speciali, con le sue bellissime tavole di fumetti in bianco e nero, Aurelio C., un pittore marchigiano dai forti toni neorealistici, e quello che allora era il Gruppo Teatro di Base.
Alla fine dei conti, tra tutti lavori che ho fatto, il video di Sante è quello che ho fatto con il cuore e che ho sentito fino fondo.
Care compagne e compagni, Sante non è una parte della nostra storia, ma È la nostra storia, la rappresenta tutta, con le sue lotte, le sue sofferenze nel ventre della bestia in cui è rimasto una vita, con ciò che è riuscito a trasmetterci. Mica niente: il patrimonio storico della lotta di classe nel nostro paese. Perché Sante è la Rivoluzione come è stata vissuta da intere generazioni comuniste e comunisti nella sua essenza più pura.
Mentre da una parte hanno cercato di seppellirci nell’oblìo, di rendere obsolete parole che si riferiscono a valori e concetti e a una realtà storica e sociale che cercano di mistificare, dall’altra Sante ha fatto uno straordinario lavoro di scrittura che è narrazione critica antagonista, è poetica dell’irriducibilità.
Sante ha tirato una linea che separa noi da loro. E quando leggo considerazioni che sviliscono la sua figura con quel classico moralismo borghese ultralegalitario anche da pate di chi si ritiene comunista, vedo con chiarezza adamantina l’abisso che separa le due sinistre, noi da loro, il lavoro di degrado culturale che è stato svolto da chi ha infangato già da decenni la rossa bandiera e gli ideali partigiani più autentici.
Questo è il lascito che sento come il più importante che ci ha lasciato Sante. Cambiano i tempi, i contesti, le forme dell’antagonismo, ma non cambia il fronte della lotta e l’avversario nelle sue mene più repressive.
Ciao Sante! Hasta siempre!

da Nico Maccentelli

“Sempre presente e pronto a dare un contributo a chi lotta”.

Ciao Sante, ciao carissimo compagno, la prima volta che ti ho incontrato è stato nei tuoi versi, tantissimi anni fa, quando ero molto giovane e tu, in carcere, lottavi e scrivevi poesie. Su una rivista militante di poesia tu parlavi dei colori del vestito di Severina, la tua compagna, che avevano dato vita ad un posto infame come la galera. Mi aveva colpito tantissimo e ho voluto cercarne altre: ho trovato un fiume in piena che mi ha dato mille sensazioni, e insegnato la dignità di vivere. Ti ho incontrato dopo anni in Salento e ricordo quando ci hanno presentati che ero molto emozionata e ti ho detto che per me era un onore conoscerti. Tu da compagno vero, mi hai accolto con gentilezza e quando negli anni ci reincontravamo da quelle parti era sempre un onore e una gioia. Sempre presente e pronto a dare un contributo a chi lotta. Con Lara è stato amore a prima vista, e con Delia ci ha legati un affetto profondo, oltre che un comune sentire e una stessa strada in cui lottare su tanti fronti. Grazie per quello che hai voluto e saputo essere, per il tuo sguardo che andava lontano. Ti portiamo nel cuore. Un immenso abbraccio a Delia, Alessandra e Donato. 

da Pina Vitiello

“Del carcere aveva fatto luogo di solidarietà e di lotta ed aveva saputo dare voce di poesia e di denuncia sociale all’indicibile ingiustizia delle prigioni”.

Per noi era Sante.
Sante Notarnicola, venuto dagli inferni carcerari, compagno che del carcere aveva fatto luogo di solidarietà e di lotta ed aveva saputo dare voce di poesia e di denuncia sociale all’indicibile ingiustizia delle prigioni, ha concluso poco fa la sua ultima battaglia contro la pandemia.
Sante era uno di noi, perché amava questa nostra valle di eretici e lottatori, ne condivideva la limpida, faticosa, irrinunciabile coerenza.
Come non ricordarlo a Bologna e in Valle, sempre presente alle edizioni di Una montagna di libri contro il TAV, insieme a Delia, Alessandra, Donato? 
Ci incontrammo l’ultima volta a Bologna, in occasione di un’assemblea organizzata dal centro sociale Xm24 alla Caserma Sani occupata e sotto minaccia di sgombero. Vi avevo partecipato insieme a Dana per portare la voce del Movimento NO TAV.
Sante e Delia quella notte mi ospitarono a casa loro. Avemmo modo di parlare. Sante ricordava con grande lucidità e passione la sua esperienza in Valle, le tappe della nostra lunga resistenza e la contrapponeva al clima di una Bologna in cui la solidarietà e la giustizia sociale e ambientale erano state ridotte a parole vane, sostituite da un razzismo becero e irresponsabile. 
Parlammo anche di poesia, di come proprio lo scrivere fosse diventato per lui un’arma potente per resistere contro l’abbrutimento carcerario e dar voce all’ansia di liberazione, alla dignità calpestata.
Queste sue parole mi tornarono in mente  e mi fecero compagnia in quella cella delle Vallette, dove, un anno fa, mi ritrovai a trascorrere tre mesi della mia vita.
E ricordo con commozione che ora si fa amara nostalgia il messaggio che Sante e Delia mi inviarono come dedica di un libro, il primo che ricevetti, pochi giorni dopo il mio arresto.
“ Ti voglio bene.
Dopo anni di prigione
sono ormai un uomo che non teme i sogni
ma pure
trasformato nel volto,
nell’anima,
ho conservato
i timori dei bimbi
e la tristezza degli istinti,
e sgrano gli occhi
quando amo
quando senza rossori
dico: sai
ti voglio bene…. “
Ho sentito Sante al telefono una quindicina di giorni fa. Era ancora in ospedale, ma stava meglio e contava di essere dimesso il giorno dopo.
Ora arriva la comunicazione di Donato….
Sante, senza di te ci sentiamo davvero più soli.
Un abbraccio A Delia ed ai tanti che ti vogliono bene.

da Nicoletta Dosio

“Libri, documenti, interviste, racconti, incontri, tanti incontri sempre sinceri e profondi, sempre speciali. 
Di questo e di tanto altro ti saremo sempre riconoscenti e grati”. 

Ciao Sante,
Ci hai donato tantissimi esempi generosi. 
Amicizia, bellezza, coerenza, saggezza, onestà, poesia e tanti abbracci. Libri, documenti, interviste, racconti, incontri, tanti incontri sempre sinceri e profondi, sempre speciali. 
Di questo e di tanto altro ti saremo sempre riconoscenti e grati. 
Nell’immensità 
Riposa in pace

da Nino Cannatà

“Sei stato una presenza certa, prima al Patchanka e poi al Mutenye mentre mescevi vino e parole”.

Io e Isabella, mia compagna di vita, ti abbiamo conosciuto quando presentavi “Delle belle città date al nemico”, il tuo documentario sulla strage di Marzabotto. A dire il vero ti incontrai nel 1990 alla Paresse, con Rudy Leonelli. Una sera ci andammo a bere e tu eri li e Rudy ti salutò e anche io che non ti conoscevo. Sei stato una presenza certa, prima al Patchanka e poi al Mutenye mentre mescevi vino e parole. Ho il ricordo di te, mentre ti accompagnavo a fare la spesa per comprare gli ingredienti per la bagna cauda che ci cucinasti per la serata di capodanno al Patchanka. Eri davvero tignino quando si trattava di cucina, preciso e scrupoloso. Quella Bagna Cauda fu davvero eccezionale, e meravigliosa fu la compagnia.
Ciao Sante.

da Luca Muscatello

“Chi ti conosce sa cosa hai fatto, cosa hai pagato, cosa hai sofferto, quanto hai fatto per farci sapere del lato oscuro dello Stato. Chi ti conosce ti ama per quello ma anche per la tua ricchezza interiore, per la tua pacatezza nel raccontare e nel giudicare a tua volta lo Stato che ti ha giudicato”.

Di fatto, è il testo che avevo scritto per quando venne l’ultima volta in Valle e non potevo, non riesco ora, a scrivere di meglio.
Ho poi trovato questa musica che potrebbe fare da sottofondo. Esprime tutto quello che si può sentire in momenti come questo. Grazie. Un abbraccio a tutti.
Per chi ha conosciuto Sante è l’ora della tristezza. E per un abbraccio alla sua compagna Delia. 
Tempo fa, Mao tse Tung scrisse che la morte di alcuni è pesante come una montagna, quella di altri leggera come una piuma. Oggi quel detto lo sento più vero che mai. 
Ciao Sante,
L’ultima volta che venisti a Torino un noto scribacchino de La Stampa ti accolse con un paio di articoli che riducevano la tua vita a un certificato penale. Era lo stesso che nei primi anni duemila scriveva che il Tav avrebbe portato 90.000 posti di lavoro. Era, o meglio, è uno nato servo. Una cosa che di te non si potrà mai dire
Chi ti conosce sa cosa hai fatto, cosa hai pagato, cosa hai sofferto, quanto hai fatto per farci sapere del lato oscuro dello Stato. Chi ti conosce ti ama per quello ma anche per la tua ricchezza interiore, per la tua pacatezza nel raccontare e nel giudicare a tua volta lo Stato che ti ha giudicato.
Io ti ho conosciuto personalmente tardi nella mia vita, quando venisti apposta a Torino per il funerale di mamma Bianca. “Ciao, io sono Sante” ti presentasti, con un braccio al collo per un incidente, e da quel momento mi sembrò di averti sempre conosciuto.
Di te naturalmente avevo sentito parlare nello studio di Bianca e da Adriano Rovoletto quando veniva a trovarla. Capivo che, al di là del rapporto professionale maturato negli anni del processo, con voi c’era quella vicinanza che Bianca percepiva per quei suoi assistiti non estranei al suo sentire politico e umano, alla sua voglia di capire, al suo voler sempre essere parte dell’ampia collettività militante, della gente comune. Credo che le sue frequenti visite in carcere e poi al Sermig da Piero Cavallero testimoniassero proprio questi sentimenti. E conservo gelosamente il quadro che Piero e Adriano fecero per lei con tanto di affettuosa dedica dipinta sul retro.
Nei nostri anni indimenticabili della militanza politica, avevo letto L’evasione impossibile. Mi aveva impressionato il racconto degli abusi, delle torture, della violenza del sistema carcerario e mi aveva rafforzato nelle convinzioni che ci guidavano. Più recentemente ho recuperato gli altri tuoi libri e mi sono affezionato soprattutto a L’Anima e il Muro con la poesia “Stamane anche i mandorli sono fioriti” dedicata a mamma Bianca, scritta a mano in seconda di copertina pochi giorni dopo che era mancata. Ogni volta che la leggo mi viene ancora il magone. Per questo l’ho inserita a chiusura dello spettacolo Le Stagioni di Bianca che spero vivamente di poter portare a Bologna presto tramite l’Associazione Bianca Guidetti Serra. Nel frattempo, prenditi cura. Per tutti noi sei una presenza insostituibile.
Fabrizio (con Cecilia e Loretta Lisa)
18 settembre 2019

da parte di Fabrizio Salmoni

“Chi muore lottando non muore mai”!

A SANTE
La notizia della tua scomparsa, arrivata come un fulmine a ciel sereno, mi ha provocato un dolore non commensurabile. Solo 8 giorni prima ci eravamo sentiti al telefono, poco dopo il tuo ritorno a casa, e sebbene affaticato ti avevo sentito come la solita roccia e ci eravamo dati appuntamento per la prossima estate nella nostra terra.
Da questo dolore traggo la forza per come ricordarti nella tua figura di grandissimo Rivoluzionario, Comunista, Poeta, Scrittore, nonché per la tua grandissima umanità, figura che è lo specchio di una delle frasi più famose di Ernesto “Che” Guevara: “Bisogna saper essere duri senza perdere mai la tenerezza”.
Fra i tanti ricordi, mi piace parlarne di uno che, secondo me, ti rappresenta per intero. Non ricordo precisamente che anno
fosse, ma finalmente potevi circolare libero, e
immediatamente venisti nella nostra terra jonica nella quale
sei nato e dalla quale sei partito per affrontare la tua vita. Ci
incontrammo non appena arrivasti ed immediatamente
programmammo per il periodo che saresti rimasto una serie di incontri conviviali e politici anche informali. Ricordo una cena a casa mia alla presenza dei miei figli, della mia ex moglie e di qualch* Compagn*, e si vedeva in te il piacere di goderti questi momenti e veniva fuori il Sante compagnone: momenti che negli anni successivi abbiamo ripetuto più volte e con tant* altr* Compagn*. Poi ti feci conoscere una serie di Compagn* giovan* e giovanissim*, molt* delle quali e dei quali erano ben lontan* dal nascere quando tu fosti arrestato, e che ti ascoltavano giustamente affascinati dalla tua figura. In quel momento veniva fuori il Sante Rivoluzionario e Comunista e di grande umanità, sempre umile, sempre pronto a confrontarsi, ma mai salendo su un pulpito.
Ricordo che in quei momenti i tuoi occhi brillavano, nella piena consapevolezza che nulla di ciò che avevi fatto e facevi da rivoluzionario e comunista era stato vano. Anche questi momenti abbiamo ripetuto sempre con la stessa intensità e piacere negli anni a seguire e sempre con nuov* Compagn*.
Una sera di quel periodo mi dicesti che il giorno dopo volevi
tornare a Castellaneta, tuo paese di origine. Io mi proposi di
accompagnarti ma tu mi dicesti che volevi andare da solo ed in quel momento capii che veniva fuori il Sante Poeta e Scrittore: volevi tornare nel tuo paese natio per vedere quali ricordi ti riaffioravano, quali trasformazioni volevi vedere ci fossero state, per poi riportare le sensazioni che avevi accumulato in quei meravigliosi scritti e quelle meravigliose poesie che ci hai donato.
Questo ho voluto ricordare di te e mentre scrivo ho sentimenti fortemente contrastanti ma di eguale forza: da un lato il piacere e la dolcezza dei momenti passati insieme e l’amarezza ed il dolore di non poterli più vivere.
E sono le stesse sensazioni che ho provato quando circa un anno fa ci ha lasciato Salvatore Ricciardi, altro fraterno Compagno di tant* Compagn* oltre che tuo e mio, in questo periodo maledetto.
Qui il mio immaginario mi ha portato a pensare che possa
esistere un “paradiso” nel quale ritrovare te, Salvatore e tutt*
Le/i Compagn* che ci hanno lasciato per poter camminare
insieme incordonati a pugno chiuso alzato verso “il sol dell’avvenire” per cui abbiamo lottato, lottiamo e lotteremo.
Una cosa è certissima: io e tant* altr* Compagn*
raccoglieremo la tua bandiera per farti vivere nelle nostre
lotte: chi muore lottando non muore mai!
Ciao Sante e che la terra ti sia lieve
A pugno chiuso Salvatore Stasi

da Salvatore Stasi

“Ci siamo incontrati più volte, scambiati dei libri senza mai chiederci se li avevamo letti e commentarli, fra di noi molti silenzi, ma come lo vedevo mi ruotavano un sacco di pensieri nella testa e immagini, non lo so forse anche a lui”. 

Sante è stato un ragazzo del sud come tantissimi altri che venticinque anni di potere democristiano ha mantenuto nella condizione di partire svantaggiati esattamente come le generazioni precedenti. Ho conosciuto Sante Notarnicola nel Raggio 2 di San Vittore dove mettevano i politici nella seconda metà di dicembre del 1969. Succedeva di incontrarci nella cella di qualcuno che faceva un caffè per il tempo che ci lasciavano le celle aperte l’aria della cella diventava nebbia fumavamo tutti come dei turchi. Eravamo una decina, anarchici, comunisti ml, lc, potop e qualche infiltrato, si seppe poi. Sante era piccolo con la faccia da ragazzino ma oltre l’apparenza si capiva che era rispettato da tutti nel raggio, si parlava sempre di politica commentando le notizie che venivano da fuori dove tirava aria da colpo di stato dopo la strage di Piazza Fontana. Facevamo gruppo anche per non farci coinvolgere nelle risse che ogni tanto scoppiavano, ma verso i politici c’era riguardo poi con Sante fra di noi si stava tranquilli. 
Poi sono uscito non l’ho più visto, ho letto di lui anche il libro che aveva pubblicato con Feltrinelli, forse distrattamente, ma mi sono fatto l’idea, e lui lo fa capire, che gli avevano addossato delle colpe di cose che non aveva fatto essendo nella condizione di subire. Penso che fosse profondamente diverso da Cavallero che non era propriamente un Robin Hood politicizzato e che abbia fatto un errore a seguirlo ho comunque interpretato che poi ne ha preso le distanze sul piano ideologico e non certo per opportunismo e sottrarsi a delle responsabilità, ma perché Sante era un comunista e Cavallero guardava ad altro.
Poi nel 2008 sono arrivato a Bologna al Pratello e ci siamo visti al Mutenye immediatamente riconosciuti nonostante fossero passati quasi trent’anni non abbiamo detto una parola sul passato e qualcuna, poche sul presente, poi ci siamo incontrati più volte, scambiati dei libri senza mai chiederci se li avevamo letti e commentarli, fra di noi molti silenzi, ma come lo vedevo mi ruotavano un sacco di pensieri nella testa e immagini, non lo so forse anche a lui. 
Ciao Sante è andata così.

Da Fausto Lupetti

“Me ne andai mesto e malinconico e pensai che non l’avrei più visto; così è stato. Non ho altro da aggiungere rispetto a chi non ha vissuto inutilmente, ma ha lasciato un segno del suo passaggio”.

Ciao Sante; non è vero che se muore un Compagno ne nascono altri cento; non è vero che ci ritroveremo chissà dove e chissà quando. 
È vero quello che è stato, che sei stato, insieme a tanti altri Compagni.
Quando venivo a Bologna, il passaggio dal Muntenye, in via del Pratello, era d’obbligo; ricordo quando Ti portai quel “pezzo di Calabria” che amavi tanto; un dono del comune amico Michele; ricordo quel bellissimo calendario che mi desti, immagini in bianco e nero abbinate a Tue splendide poesie; tanti racconti di storie e di sogni; di speranze, passioni e rivoluzioni. 
Ricordo l’ultima volta che venni a Bologna, era il 2019, e come al solito passai da via del Pratello; entrai nel locale in cerca di facce conosciute, ma non c’eri. 
“E Sante?” Dissi ad un certo punto al giovane che mi venne incontro per capire chi fossi. “Sante? Ma Lei è da un po’ che non viene a Bologna”; “Beh si, è un po’…”; “Sante non è più qui, sarà a casa, a scrivere poesie…”. 
Me ne andai mesto e malinconico e pensai che non l’avrei più visto; così è stato.
Non ho altro da aggiungere rispetto a chi non ha vissuto inutilmente, ma ha lasciato un segno del suo passaggio.

da Adriano D’Amico